
le GemMarine
Passeggiate degustative a quattro mani
21 e 22 Novembre 2015: Castelli in aria di Gemma Russo &Marina Sgamato
Ѐ il primo fine settimana freddo al Rione Terra. Dalla soglia del Sedile dei Nobili, nitidamente, si vedono le onde del mare infrangersi schiumose sul costone di via Napoli.
Sono agli accrediti questa settimana. Cerco d’orientarmi tra i bollini dai diversi colori.
Ho gli occhi sull’elenco delle 16:00, di sabato 21 novembre, quando al Sedile dei Nobili entra un gruppetto.
Ѐ mia abitudine guardare le mani delle persone e poi gli occhi. Gli occhi ne rivelano i sentimenti, mentre le mani raccontano il lavoro.
Si trattengono tutti all’ingresso, tranne un signore e una signora che attraversano la sala. Il signore estrae dalla tasca un foglietto che attesta la prenotazione via mail e me lo porge. Non leggo i nomi sul foglio, ma il lavoro sulle proprie mani.
Hanno prenotato con mail, nonostante l’età.
Con rispetto e umiltà sono entrati al Sedile dei Nobili, ponendosi con grande gentilezza. Mi piacciono questi elementi.
Se poi s’aggiungono le mani che ne raccontano il lavoro, allora è fatta!
Con discrezione inizio a fare domande.
“Siete puteolani?”, chiedo.
“ Sì, certo”, mi fa la signora bionda, “Mio marito è nato al Rione Terra!”.
“Mi chiamo Francesco Manganaro e ho 78 anni. Ho abitato al Rione Terra fino a quando mi sono sposato. Casa mia era a via Gradoni San Gelso, 6.
Era sugli ultimi sei gradoni delle scale che si congiungevano con via Pesterola. Ricordo bene quella strada. Quanti bassi e quanta gente ci abitava dentro.
In 20 metri quadrati, vivevano fino a 10 persone. Quando facevano le pulizie di casa o pulivano le verdure, buttavano tutti gli scarti in strada.
Cumuli di spazzatura erano sotto ai muri. Nella via dove vivevo, mi ricordo bene di un certo Gioacchino Spinelli. Questo, a Natale, nella notte di San Silvestro e a Sant’Antonio Abbate, prendeva le radici degli alberi, li chiamavamo i’cipp’, e di sera faceva un falò in mezzo alle scale. Qualunque fosse il tempo, era di buon augurio e tutti partecipavano, specialmente noi bambini”.
I bambini del Rione Terra scorrazzavano liberi per il quartiere.
“A 10-12 anni, giocavamo a nasconderci”, racconta, “avevo trovato insieme ad altri un posto perfetto. Correvamo velocemente lungo via Luigi De Fraia. Venendo da piazzetta San Gelso, c’era sulla destra, in una traversina, un appartamentino. Ci intrufolavamo, scendevamo giù ed eravamo al Castello.
Era bellissimo ritrovare tutto quel mare, all’improvviso, negli occhi. Una volta lì, facevamo il gioco nel gioco. E allora vedevi una ciurma chiassosa che, dal Castello sul Rione, faceva la guerra al castello di fronte, quello di Baia”.
Ride di gusto e gli occhi diventano felici. Con le mani toglie gli occhiali.
“Poi, facevamo il carnevale”, aggiunge, “C’era un signore che al Rione faceva il fruttivendolo. Lo chiamavano Pappariell’. Aveva un carretto con l’asinello. Si travestiva. Aveva la paglia che gli usciva dai pantaloni, la maschera sul viso, la pipa in bocca e cantava < Ѐ morto Carnevale…>, portandosi dietro tutti i ragazzini del quartiere”.
Ride di una risata grossa, fatta di cuore.
S’interrompe e dice “ Sono stato operaio all’Italsider di Bagnoli. Andavo a lavorare in bicicletta. L’evacuazione è stato uno strazio. Tutti quei materassi”.
Mentre me ne parla, vedo passargli quei materassi negli occhi.
“Rimpiango la spensieratezza della gioventù”, aggiunge, “quella che lego al Rione. Non mi lamento per nulla, ma per tornare ad abitare qui…ecco io pagherei a peso d’oro. Vorrei tornare”.
Ascolto in silenzio, mentre l’emozione gli passa nella voce. Risponde alla moglie che intanto lo chiama da fuori al Sedile dei Nobili. La visita sta sul punto di iniziare. Le dice d’aspettare, perché vuole finire di raccontare.
“Un’ultima cosa. Abitavo in un punto molto alto. Dalla finestra di casa mia, si vedeva la metropolitana e la costa fino a Lucrino. Quando andarono via i tedeschi da Pozzuoli, ero molto piccolo. Prima d’andare via, misero bombe agli Stabilimenti meccanici di Pozzuoli, che sarebbero poi diventati SOFER. Io ero fuori al balcone. Li vidi esplodere davanti ai miei occhi”.
Lo accompagno sull’uscio del Sedile dei Nobili. Buona visita.

Francesco Manganaro
.