
le GemMarine
Passeggiate degustative a quattro mani
Arance: il prodotto, il produttore e la ricetta della Tradizione
Il prodotto di cui vogliamo parlare questo mese è un agrume, protagonista delle tavole flegree in questo periodo.
Si tratta dell’Arancia, le cui origini sono sulle vette dell’Himalaya. Il primo a darne testimonianza fu Confucio, nel 500 a.C. Con gli arabi, arrivarono nel Mediterraneo, durante l'VIII secolo. L’albero di arancio, in particolare, è stato introdotto in Europa dai Portoghesi. È per questo motivo che i frutti nel nostro dialetto si chiamano "purtualli", conservando questa provenienza. Simpatico è il fatto che tale riferimento storico ci sia non soltanto in altri dialetti, del Nord e del Sud Italia, ma sia anche radice comune del nome nei diversi idiomi del Mediterraneo.
L’arancio, oggi, rappresenta la prima produzione di frutta al mondo. Ѐ coltivato sia per la produzione di succhi che per il consumo fresco. Ѐ famoso per il suo contenuto in vitamina C, nonostante ci siano frutti che ne contengano di più. Grazie alla sua buona conservabilità, agli inizi del ‘900, nelle lunghe traversate oceaniche, ne venivano consumate e stipate grandi quantità sulle navi per difendersi dallo Scorbuto, malattia dovuta alla carenza di vitamina C.

In Campania, le aree di maggior diffusione di questo agrume sono la Costiera e le isole del Golfo. Ci sono delle piccole aziende dislocate, anche, nella zona dei Campi Flegrei.
Il frutto si caratterizza per il gusto acidulo. Giunge a maturazione dal mese di novembre fino a primavera, a seconda della varietà. La scorza esterna è ruvida e ha, inizialmente, una colorazione verde ma, via via che avviene la maturazione, varia dal giallo all’arancione. La parte interna è polposa, dolce o amara, a seconda della varietà, e suddivisa in spicchi. Dell’Arancia, non si butta via nulla, neanche la buccia, utilizzata ad esempio nella pasticceria tradizionale.

Innumerevoli i benefici apportati alla salute, consumandone solo 2/3 al giorno.
Mia nonna le mangiava a colazione, condendole con sale, pepe ed olio. Ricordo ancora le sue mani tagliuzzarle con grande precisione e tranquillità, perché per lei il cibo doveva essere “Accarezzato”.
Noi, questa volta, ci faremo una marmellata. La prepareremo nella cucina della Fiduciaria Slow Food Campi Flegrei, secondo la ricetta di sua suocera, nonna Teresa.
Questa sarà una ricetta “Slow”, fatta in maniera naturale e senza utilizzare alcun addensante. Per questo, vogliamo predisporci ad un attraversamento lento, non soltanto nelle dosi e nei tempi di preparazione, ma anche attraverso la Terra Flegrea. A questo fine, raccoglieremo personalmente le arance.
Ci rechiamo, allora, sulle sponde del Lago d’Averno, al Giardino dell’Orco.
Nella suggestione del Lago, tra un’ abbondanza di varietà d’agrumi, acquistiamo le nostre arance non trattate, di giardino, sugose e a spicchi ben definiti, cogliendole direttamente dall’albero. Prendiamo anche qualche limone. Ci servirà per la ricetta!
Andiamo via, portando nella busta della spesa non solo arance, ma anche una sensazione di pace.
Incontriamo Restituta Somma, fiduciaria Slow Food Campi Flegrei, nella sua cucina, intenta a sterilizzare i barattoli in cui metteremo la marmellata. Parliamo di Terra Flegrea, mentre prepariamo gli ingredienti e compiamo le preliminari.
1- INGREDIENTI per due vasetti da 390 gr. ognuno: 1Kg. di Arance da giardino non trattate; 500 gr. di zucchero; 400 gr. di acqua; 1 Limone. Bada bene, non utilizzeremo addensanti durante la preparazione.
2- Sterilizziamo i barattoli. Togliamo la buccia alla metà delle arance ed al limone, tagliandola finemente. Per togliere l’amaro, le passiamo per 2 volte in acqua portata ad ebollizione, facendole restare, ogni volta, 10 min. Le tagliamo a striscioline.
3- Dividiamo le arance in spicchi, togliendo la pellicola trasparente che le delimita. Raccogliamo tutto in un contenitore, in modo da non disperdere il succo.
4- Mettiamo sul fuoco i 400 gr. d’acqua con lo zucchero. Appena inizia a bollire, versiamo le arance che abbiamo preparato.
5- Ci aggiungiamo anche le scorzette, preparate precedentemente. Giriamo con un mestolo di legno, in modo che tutto sia amalgamato.
6- Ripreso il bollore, facciamo cuocere a fiamma media per 1 ora/ 1 ora e mezza, girando di tanto in tanto. Raggiunta la consistenza desiderata, trasferiamo il composto nei barattoli.
7- Per evitare che si crepino per shock termico, nonna Teresa metteva un cucchiaio nei barattoli, mentre versava il contenuto. Li riempiamo e chiudiamo ermeticamente, posizionandoli rovesciati, per creare il sottovuoto, su un canovaccio per almeno 6 ore.









di Marina Sgamato e Gemma Russo