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6 Gennaio  2016: Transumanza di Mare                                                                                 di Gemma Russo & Marina Sgamato

 

 

 

Ѐ la mattina del 6 gennaio. Sono seduta al tavolo di casa con davanti una tazzina di caffè. Tra un po’, con Elena, andrò al Sedile dei Nobili. 

Questa volta, la Storia dal Rione l’ho raccolta qualche settimana fa, dal papà di Simona, una delle guide impegnate nel percorso.

Una chiacchierata di due ore, a cui ripenso sorseggiando il caffè. Da dove inizio il racconto? Con la mente, in un attimo, disegno mille rotte, le stesse di cui parlava Giuliano Pollio, classe 1944, mentre, al Sedile dei Nobili, io ed Elena incantate l’ascoltavamo, ritrovando una parte di storia della nostra famiglia. C’è il motivo per cui il nostro bis-nonno materno Leonardo De Fraia, puteolano di nascita, in gioventù 

pescatore, ha sposato Carmela De Martino, nata a Porto Santo Stefano, promontorio dell'Argentario. Mi sono sempre chiesta come ci sia arrivato fin laggiù.

Taglio una fetta di pastiera fatta da mamma e ripercorro a mente le tappe salienti della chiacchierata. Pozzuoli è stato tra i comuni flegrei quello che ha vissuto dei prodotti del mare e della terra”, fa Giuliano, con una bella faccia sorridente, nonostante il mal di schiena,  “Dopo la nascita del Monte Nuovo, con gli spagnoli, si incomincia ad avere cura del territorio. Ѐ, in questo periodo, che s’incrementa il commercio ittico. Il mare del golfo di Pozzuoli era pescoso, ma  c’erano i pirati. Don Pedro Álvarez de Toledo organizzò le famose torri d’avvistamento. Palazzo Toledo, il Castello Aragonese di Baia e la foce del lago Patria erano in contatto visivo. Con i segnali di fumo, i torrieri erano capaci di far sapere eventuali scorribande in itinere”.

Sarà stata inconfondibile la rocca tufacea dal mare per le barche di ritorno. 

Erano ottimi marinai i puteolani del ‘600, tanto da spingersi spesso oltre il golfo di Pozzuoli, che mio nonno materno, Gennaro De Fraia, chiamava “il ventre della vacca”.

Conoscete la transumanza di mare?”, mi sopraggiunge alla mente la domanda di Giuliano, fatta a me e ad Elena, “Ma come? Non la conoscete? Era un fenomeno già iniziato nel ‘500, ma con cautela. Il mare non era così sicuro allora. Quando le isole dell’arcipelago toscano entrano a far parte dello stato spagnolo, passano sotto il controllo del Regno di Napoli. Erano pescosissime, per questo i puteolani si recavano lì. Come facevano ad arrivarci? Il segreto era nel gozzo puteolano, imbarcazione figlia della martigana. Si partiva ai piedi del rione entro il 6 gennaio, perché dopo l’Epifania le condizioni meteo erano infauste. I gozzi in partenza erano avvolti da un’atmosfera di festa, rotta dall’apprensione delle mamme che, con il magone, accompagnavano i giovani figli in partenza. Per non fare dimenticare la terra natia, davano a questi un tortano n'zogna e pepe”.

Ho negli occhi la faccia sorridente di Giuliano mentre dice “Era una specie di iniziazione per il marinaio più giovane. Non  mollavano gli ormeggi se prima non arrivava il tortano. Quello puteolano è diverso dal napoletano. Le uova sode le ha dentro, non a vista, ma coperte dalla pasta. Divengono una sorpresa. Si va a tagliare ed escono. Dentro ci andava anche tutto ciò che di grasso e sapido era a disposizione. Cigoli, salame, prosciutto, pezzi di mortadella, nduglia, tanta di quella roba che diveniva faticoso impastarlo. Si infornava con il pane. Dava da mangiare a tutto l’equipaggio durante i primi giorni di navigazione. Questa cosa è durata fino al 1950”.

Dovevano essere suggestive in lontananza le vele gonfie di vento di Tramontana o Grecale. Arrivavano fino in toscana 'cu ò viento e'terra', per ritornare con le basse pressioni di metà agosto, in tempo per la festa dell’Assunta. 

Quanti drammi si saranno consumati? La transumanza di mare è stato il motivo per cui il bis-nonno Leonardo ha conosciuto la bis-nonna Carmela. Questa l’inflessione toscana non la perse mai. Filava sul porto di Pozzuoli il tramaglio al bis-nonno con le proprie mani. Sono pronta. Giuliano mi ha raccontato  altre storie, ma sono di corsa. Sul tavolo, c’è ancora l’ultimo sorso di caffè e un pezzo di pastiera.  

Per mia zia Anna, chiamata da noi “Zizia”, sorella di nonno Gennaro, figlia di Leonardo e Carmela, in questo giorno la pastiera non poteva mancare. Diceva che la “La Befana è la prima Pasqua”. Mangio l’ultimo pezzettino. La prossima settimana non sarò di turno.

 

 

 

 

 

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Giuliano Pollio

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