
le GemMarine
Passeggiate degustative a quattro mani
Roccocò: il prodotto, il produttore e la ricetta della Tradizione
di Gemma Russo e Marina Sgamato
Le festività in Campania appartegono alla tradizione. Sono celebrate con ingredienti semplici, che si vestono di opulenza. Pesce fresco o baccalà, carni e, soprattutto, dolci antichi, dal profumo intenso d’agrumi, avvolgenti per il miele, con spezie, reminiscenze di antiche dominazioni. Spesso l’origine è ignota. La loro preparazione è immancabile in ogni famiglia, trasformandosi in un vero e proprio rituale. Il loro profumo diviene profumo della festa, atmosfera mentre si prepara il presepe.
Roccocò, susanielli, struffoli si arricchiscono delle accortezze di famiglia, tramandate nel tempo, quasi di padre in figlio. Ogni famiglia avrà un proprio “cavallo di battaglia”, un dolce che, su di tutti, viene particolarmente bene. Conoscete, allora, un modo migliore per scambiarsi gli auguri, se non con un dolce natalizio fatto in casa?
Tra tutti i dolci natalizi, preferisco il Roccocò, che per me si è sempre vestito dei rituali compiuti dalle mani di mio padre, intento nella preparazione. Mi sedevo accanto, osservandolo per ore ed ore mentre tagliuzzava le mandorle e con tempra impastava il tutto. Ci vuole forza nelle braccia per impastare i Roccocò. Le accortezze gli erano state tramandate da mio nonno.
Ebbene, siamo andati da Nicola, alla Fattoria del Campiglione, per farci raccontare la ricetta del suo Roccocò.
Sapete cosa sono i Roccocò vero? Dei biscotti, anche se è una eresia chiamarli così, a forma di ciambella, fatti con mandorle, farina, zucchero, canditi e pisto. Il pisto è una alchimia, una polverina fatta con cannella, noce moscata, pepe bianco, coriandolo, anice stellato e chiodi di garofano. I chiodi di garofano possono essere sostituiti con bacche di Ginepro, mentre la noce moscata è una spezia insostituibile, perché dà ad essi il profumo esotico ed il colore ambrato.
Roccocò dal francese rocaille per la forma barocca, simile a una conchiglia, la cui creazione si fa risalire al 1320, anno in cui furono preparati per la prima volta dalle monache del Real Convento della Maddalena a Napoli, nella prima domenica d’Avvento.
Iniziamo la preparazione dagli ingredienti:

500 gr. di farina
400 gr. di mandorle tagliate a metà
400 gr. di zucchero (o 300 di zucchero e 100 di miele)
1 gr. di ammoniaca per alimenti
1 pizzico di sale
80 gr. di scorzetta di arancia fresca ( questo ingrediente è a piacimento)
3 gr. di pisto
80 gr. di acqua
Buccia grattugiata di arancia e limone
1 uovo sbattuto

Fate con gli ingredienti una piccola fontana ed iniziate ad amalgamare il tutto con le mani, aggiungendo gradualmente l’acqua. L’unico ingrediente che non dovete usare, in questa parte della ricetta, è l’uovo, che dovrà essere sbattuto per bene, come se voleste fare una frittata, e tenuto da parte. Servirà per la caramellizzazione.

Continuate ad impastare energicamente, fino ad ottenere un impasto duro come quello in foto.
Lavorate energicamente, fino ad ottenere un panetto compatto ed abbastanza elastico.

Ottenuto il panetto,
dividetelo in palline di circa 80/100 gr. ognuno.

Ogni pallina dovrà essere lavorata, fino ad ottenere un serpentello che andrà richiuso su sé stesso, in cerchio. Con le dita schiacciate il dorso, affinché con la cottura divengano possenti e non troppo fini.

Disponeteli in una teglia con carta forno e spennellateli con l’uovo precedentemente preparato.

Infornateli. A questo punto, c’è da risolvere un grande dilemma? Come vi piacciono i Roccocò? Duri o mosci? Se li preferite mosci allora forno a 230gradi per 5/8 minuti. Se, invece, li preferite duri, forno a 210gradi per 15/18 minuti. Il forno deve essere ventilato.

Controllate la cottura.

Quando sono dorati sfornate ed assaggiateli subito, perché il Roccocò si assaggia subito anche se caldo.

Impiattate in un piatto a tema.

Noi lo degustiamo accompagnandolo ad un mosto cotto di Piedirosso.

Una piccola curiosità, non legata al Roccocò, ma alla tradizione dolciaria puteolana. Mia nonna per il 6 Gennaio preparava sempre la Pastiera. A Pozzuoli, si diceva che la Befana fosse la prima Pasqua. La motivazione c’è, ma questa è un’altra storia. Buone feste!