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Pomodorini del Piennolo del Vesuvio , olio Extra vergine DOP penisola sorrentina, provola, ricotta e mozzarella di bufala campana, pomodoro S. Marzano DOP di Casa Barone, olive nere di Gaeta, acciughe di Cetara, fior di latte di Agerola. Questo perché uno degli elementi che fa essere gustosa una pizza sta proprio nella qualità dei prodotti con la quale la si veste”, così inizia la chiacchierata con Ciro Coccia, fratello di Enzo, che di pizza se ne intende, poiché è stato il primo pizzaiolo in assoluto ad essere segnalato dalla Guida Michelin.

La Campania incontra l'Umbria alla pizzeria La dea bendata di Ciro Coccia

Altro elemento è la leggerezza dell’impasto. Sta in esso il segreto della digeribilità. Perché ciò avvenga, deve avere almeno 24 ore di lievitazione. Più lievita, più la pasta diviene “matura” e quindi leggera. Seduti al tavolino della pizzeria aperta da poco a Via Napoli, racconta la scelta di aprire un locale, che puntasse essenzialmente sulla qualità dei prodotti, nei Campi Flegrei. Pizzaiolo da tre generazioni, con una pizzeria già avviata a Piazza Garibaldi, ha scelto Pozzuoli, che ama ed in cui vive, perché “è una vetrina. Mi sarebbe piaciuto aprirla nel centro storico”, ci confessa, “a Piazza della Repubblica. Trovo che, se si vuole puntare sulla qualità, questa sia la terra giusta in cui farlo”. Sulle sue pizze si trova anche il territorio flegreo, con le alici del Golfo di Pozzuoli, se queste sono al mercato, con ortaggi ed insaccati provenienti dai negozietti limitrofi.

In questo modo”, ci spiega, “si crea una rete, in modo da favorire e far crescere anche i commercianti locali ”.

 

Il segreto della sua pizza? Sta soprattutto nell’impasto, fatto da semplici percentuali: 60% buona pasta, 20% prodotti di farcitura di 1° qualità, 10% stesura della pizza, 10%cottura.

La tavola è una formula matematica, in cui le giuste percentuali creano l’equilibrio perfetto. Buonissima è anche la frittura, delicata e non unta. Divertente è l’idea delle cornucopia fritta, richiamante il nome della pizzeria e contenente montanarine, crocché, arancini, zeppoline di cavolo e fiori di zucca con ricotta di bufala e salumi. Il cibo può essere accompagnato da un rosso flegreo o da tre diverse birre artigianali, provenienti dall’Italia del nord, del centro e del sud. Perché noi campani siamo questo: amore per la nostra terra; ripudio per quello che le sta accadendo; per come l’hanno svenduta e per come ci hanno svenduti. C’è tutta una parte, però, fatta dalla piccola ristorazione, dai produttori che lavorano su di essa con onestà , trasparenza, allo scopo di valorizzarne i prodotti, attenti alla sostenibilità, alla territorialità ma non dimenticando mai di essere sempre Italia!
 

 

 Marina Sgamato & Gemma Russo

Pubblicato su liniziativa.net

La prima volta in cui abbiamo degustato la pizza fatta da Ciro Coccia in terra flegrea , è stato lo scorso dicembre. Da allora, ci siamo ritornate diverse volte, per assaporare le sue fritture e le sue pizze. Nel ritornarci, gioca molto la bontà delle preparazioni, ma anche la cordialità e la solarità con cui l’intero staff accoglie gli ospiti.

Ieri, 26 febbraio 2014, con piacere abbiamo preso parte alla prima delle serate organizzata dalla Pizzeria “La Dea Bendata”, in collaborazione con la giornalista enogastronomica Laura Gambacorta. Per l’occasione a coniugarsi, in un armonico matrimonio di sapori, sono due regioni italiane: la Campania e l’Umbria.

Le portate sono abbinate alla birra artigianale San Biagio, prodotta nella terra del famoso Santo, senza filtrazione e pastorizzazione, rifermentata in bottiglia. Si è iniziato con gli squisiti fritti, contenuti nella bene augurante cornucopia, e si è terminato con fettine di pecorino umbro, fresco o stagionato 24 mesi. Nel mezzo due strepitose pizze.

La prima vestita da: fior di latte d’Agerola, pomodoro San Marzano DOP di Casa Barone, porcini e cotto dell’Azienda Brancaleone da Norcia. La seconda da: crema di zucca di Capo Miseno, smorzata dall’aggiunta di fonduta, salame di cinghiale e pecorino della stessa azienda umbra. Ciro racconta il cibo; lo stesso birrificio artigianale San Biagio racconta gli abbinamenti.

Alla fine si termina con graffe, fatte dalla pasta della pizza, accompagnate da cioccolato artigianale fuso o da una delicata crema di pistacchio di Bronte. Sul dolce, con una birra Monasta, speziata con miele ed alloro, brindiamo alla condivisione a tavola!

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