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La notte di San Giovanni 

 

Tradizioni contadine, cantilene e preghiere sussurrate tra le labbra, la capacità di vedere il futuro lì dove non si vedrebbe nulla…questa è la notte di San Giovanni Battista, il 24 giugno. E’ la notte del solstizio, notte in cui, secondo una antica leggenda, il Sole (il fuoco) si sposa con la Luna ( l’acqua).

 

Da qui, i riti e gli usi dei falò e della rugiada, presenti nella tradizione contadina e popolare. Non a caso gli attributi di S. Giovanni sono il fuoco e l'acqua, con cui battezzava, modo con cui la religione cristiana ha assorbito rituali pagani. Le feste solstiziali segnano un momento di passaggio nella vita quotidiana dei popoli sin dalla preistoria. Allora tutto, si basava sui cambiamenti stagionali, sull’alternanza notte e giorno, freddo e caldo, alla ricerca del “razionale” in queste variazioni.

Ci si rifugiava nella fede, nell’irrazionalità, nella credenza, in un intervento divino, oppure magico. Ed allora i momenti di passaggio stagionali, come  i solstizi venivano associati ad un evento magico, ad una Divinità che regola l’alternanza, e con l’avvento del cristianesimo quelle stesse funzioni, attribuite a Dei pagani, vennero riassegnate ai Santi.

 

In questa notte, falò accesi, oltre che propiziatori, erano anche purificatori. Proprio per  questo vi si gettavano dentro cose vecchie, perché il fumo che ne scaturiva tenesse lontani spiriti maligni e streghe. Le erbe, durante la notte, si credevano essere in grado di scacciare ogni malattia. Le più note da raccogliere sono l'iperico, l'artemisia, la verbena, il ribes rosso, il vischio, il sambuco, l’aglio, la cipolla, la lavanda, la mentuccia, il biancospino, il corbezzolo, la ruta ed il rosmarino. Raccogliere e portare con se un mazzetto di erba di S. Giovanni, secondo la credenza popolare, tiene  lontani gli spiriti maligni; raccogliere 24 spighe di grano e conservarle gelosamente tutto l'anno serve come amuleto contro le sventure.

 

 

Con alcune di queste piante, si faceva "l’acqua di San Giovanni": si prendevano foglie e fiori di lavanda, iperico, mentuccia, ruta e rosmarino e si mettevano in un bacile colmo d'acqua che si lasciava per tutta la nottata fuori casa. Alla mattina successiva le donne prendevano quest’acqua e si lavavano per aumentare la bellezza, preservarsi dalle malattie, contro il malocchio e la malasorte. La rugiada della mattina di San Giovanni, naturalmente legata all'elemento acqua, aveva il potere di curare, di purificare e di fecondare. E poi c’è la divinazione.

 

Credenze popolari vogliono che se giovani fanciulle volessero conoscere qualcosa sulle loro future nozze, debbano, la sera della vigilia del 24 giugno, rompere un uovo di gallina bianca, versarne l'albume in un bicchiere o un vaso pieno d’acqua e metterlo alla finestra, lasciandolo esposto tutta la notte alla rugiada di S. Giovanni. La mattina successiva, attraverso le forme composte dall'albume nell'acqua, si trarranno auspici sul futuro matrimonio. Oltre all'uovo poteva venir impiegato il piombo fuso: versato nell’acqua si raffreddava velocemente e dalla forma presa si traevano previsioni sul futuro. 

Così, nel corso del tempo, tradizioni antiche, pagane, si sono mischiate con riti cristiani, dando origine a usi vivi ancora oggi, anche sul territorio flegreo, che  acquistano un fascino particolare in borghi quali quello di Cento Camerelle. Lì, nel cuore antico di Bacoli, tra i vicoletti che salgono su, dietro alla Chiesa di Sant’Anna, ancora adesso si trova Annamaria che dalla nonna ha imparato a leggere il piombo, la Giuglianese che “lev o fuoc n’gap” o Rosaria che è in questa notte intenta a preparare il nocino. Preghiere e riti che sopravvivono e fanno di quel quartiere del Campi Flegrei, un borgo fermo nel tempo , che “si fa palcoscenico”, sintesi tra due mondi. E’ , per alcuni versi, come ritrovarsi in “Sogno di una notte di mezz’estate” di Shakespeare. E’ in questo quartiere che ho conosciuto la sacralità ed i riti legati alla notte di San Giovanni.

Gemma Russo & Marina Sgamato

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