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Spesso la strada che si percorre è liscia. Altre volte, invece, senti, con forza, quando è il momento di chiudere un percorso perché dentro non ci stai più.

Lo si chiude e ci si rimette in gioco. Con coraggio ed istinto, si sceglie dove andare. Ciò che è stato, è stato. Volontà, grinta, costanza e gavetta ripagano, accompagnati ad altri elementi. Alla fine, guardi la strada percorsa. Se quella che si sta percorrendo è giusta, lo si capisce solo dopo, quando arrivi ad un traguardo importante. Un nuovo punto di partenza.

le GemMarine incontrano il sommelier dell'anno: Angelo Di Costanzo

Questa è l’avventura di Angelo Di Costanzo, ultimo di 7 figli, che oggi vive a Quarto, con la moglie e le sue bimbe. Nato da una famiglia di pescatori, è cresciuto sulla darsena di Pozzuoli. Ha vissuto le trasformazioni della terra flegrea, con le crisi sismiche, tra ’70 ed ‘80.

Il reinventarsi è un valore ed uno stimolo proveniente dalla famiglia d’origine, costretta a vendere la barca perché, negli anni ’90, lo Stato non investiva più nella pesca, ma incentivava a disinvestire. Gavetta fin da subito, appena uscito dall’Istituto Alberghiero. Accostarsi al mondo del lavoro: crescere in esso, raccogliendone gli stimoli, per migliorarsi ogni volta, ciclicamente; mettersi in rete per assorbire esperienza dagli altri e trasmettere la propria.

Ed allora, quelle che sono semplici conoscenze divengono “amici e compagni di viaggio”. Cicli stratificati nel tempo sono le sue esperienze professionali. Tutte punto di partenza per quelle nuove, che, integrandosi alle precedenti, lo hanno portato al gradino successivo. Dall’ Arcante, enoteca condotta con la moglie Lilly, fino al 2010, in cui è stato pioniere nell’organizzazione di eventi enogastronomici, fino ad arrivare all’esclusivo albergo Capri Palace.

Serietà, Dedizione, Abnegazione sono stati elementi che lo hanno da sempre guidato, fino a divenire Head Sommelier nel ristorante L’Olivo, interno all’albergo, con due Stelle Michelin. “Imparare dagli errori”, racconta, “avere la capacità di credere in uno o due ideali fino in fondo. Umiltà di migliorarsi. Se credi in ciò che fai, nel tuo lavoro, sarà esso stesso ad importelo”. Questa la convinzione. Questo ciò che lo ha portato a ricevere a Firenze, davanti ai migliori ristoratori, produttori e chef italiani, il premio come Sommelier dell’Anno per la «Guida Espresso» 2014, dalle mani di Enzo Vizzari.

E’ nella cantina dell’Osteria Abraxas, con una bottiglia di Piedirosso Vigna delle Volpi 2011 Agnanum di Raffaele Moccia, che ripercorriamo la sua storia professionale e di uomo, legato ai Campi Flegrei visceralmente, sempre però criticamente. Ci soffermiamo inevitabilmente sui vini del territorio, anche perché il 2014 sarà il ventennale della DOC Campi Flegrei, istituita nel ‘94.

Terra quella flegrea con una coltura della vite antica, ma in cui la trasformazione del prodotto ancora oggi fa fatica ad affermarsi. Il maggior problema è la frammentazione nella proprietà terriera che rende difficile la gestione. A ciò, si aggiunge disomogeneità territoriale. Infatti, le colture destinate alla vinificazione non si concentrano in un unico territorio, mischiandosi , togliendo identità al prodotto finito, in una “omogeneità innaturale”.

Ripercorriamo i primordi, quando erano 2 o 3 le cantine vinificatrici ed imbottigliatrici. Poi, fine anni ’90, il prezzo dell’uva sul mercato diviene basso, tanto da non renderne conveniente la sola vendita. Da qui il passaggio: da viticoltori a produttori, con la nascita delle cantine più piccole. “Ciò che dal 2000, ha frenato il mercato del vino”, ci spiega, “è stata la difficoltà degli investimenti. Non c’è stato un POR Campania a riguardo, che abbia aiutato il settore. Tanti progetti frenati dalla mancanza di liquidità”. Non si investe sul territorio, ma sulle cantine; si ricerca un prodotto quanto più buono possibile, vendendolo su un mercato oggi proteso verso il basso. Tanti spunti, punti di confronto, mentre il vino cade pieno nel bicchiere, ricordando di "Qualificare la proposta, per poi promuoverla!".

Indirizzo: Via Scalandrone, 15, 80078 Pozzuoli Napoli

Telefono: 339 223 6700339 223 6700

Per l’intervista, nella cantina dell’Osteria Abraxas, Angelo Di Costanzo apre una bottiglia di Piedirosso Vigna delle Volpi 2011 Agnanum di Raffaele Moccia, accompagnato da bruschette con pesto di acciughe, preparate da Nando Salemme. Iniziamo l’assaggio, osservando la maestria di Angelo nell’aprire la bottiglia ed ascoltando il gorgoglio del vino mentre è versato nel bicchiere. Il primo senso che andiamo ad utilizzare è la vista. Osserviamo la tonalità del colore e la trasparenza o consistenza. E’ rosso rubino. Netto. Preciso. Ha una buona concentrazione e questo lo si vede dalla trasparenza, ossia dalla luce che lo attraversa e che ci dà un’ idea sulla qualità dell’uva e sul lavoro fatto in cantina, durante le fasi di macerazione, fermentazione e filtraggio.

Si passa, poi, al naso. Il primo passaggio è quello di sentire il vino da fermo, in modo da coglierne gli aspetti caratterizzanti del bouquet. Lo si avvicina, non facendolo restare per lungo tempo alle narici. Il secondo passaggio è quello di farlo roteare velocemente. Il gesto amplifica i profumi, sprigionando la nota speziata.

C’è prima l’ingresso floreale, con il geranio, poi la nota speziata e per ultimo quella terrosa, data dall’Humus, fatto di sottobosco. Sul finale, al naso, c’è la nota di liquirizia, o meglio balsamica. Dal naso, all’assaggio. Lo si lascia roteare in tutta la bocca, perché deve cogliere tutte le papille gustative. Con il gusto si raggiunge la completezza dei sensi.

E’ un vino di certo secco, non c’è residuo zuccherino”, spiega Angelo, “non è tannico, quindi non è astringente, ma comunque secco. Questo significa che ha uno scheletro, una spina dorsale, una struttura dritta. In questo caso, l’uva piedirosso è maturata come doveva ed è stata lavorata bene in cantina”. Anche all’assaggio si percepisce il frutto e ritorna anche la nota balsamica, che si posiziona all’altezza del collo, significando che la vinificazione è avvenuta in maniera ottimale.

 

Curiose chiediamo ad Angelo qual è la soddisfazione più grande data dal suo lavoro e lui ci risponde così: “vendere ad ogni tavolo una bottiglia diversa. In un ristorante stellato è semplice vendere bottiglie che abbiano prezzi elevati. La sfida più grande è, però, quella di vendere una bottiglia che costi anche solo 30 euro, diversa da quella del tavolo accanto.

L’obiettivo è consigliare all’ospite un vino che in quel momento, in quella

serata, con quei piatti susciti una emozione, una sensazione particolare”.

Finiamo la chiacchierata, degustando l’ottimo vino e le deliziose bruschette!

Gemma Russo & Marina Sgamato

Pubblicato su Quarto Magazine di Febbraio 2014

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